ESCLUSIVA SI Raimondo, il padre: “Mihajlovic credeva tantissimo in lui, sulla Ternana…”

Sabato pomeriggio in casa del Cosenza, il giocatore determinante per la Ternana e per il prezioso successo dei rossoverdi per 3-1 è stato Antonio Raimondo, attaccante classe 2004 di proprietà del Bologna e in prestito alle fere. Da agosto ad oggi vanta 15 presenze e 4 gol. 

Sportitalia.com ha contattato in esclusiva Pietro Raimondo, padre del giovane centravanti che piuttosto bene sta facendo in questa stagione. 

A parte la doppietta di sabato, come stanno andando questi mesi di suo figlio a Terni?

"Direi molto bene, quando è arrivato in estate non pensavamo si ambientasse così. Inoltre è approdato in una piazza sì impegnativa ma accogliente e che gli dà molta fiducia. Sta andando oltre le nostre aspettative. Lui mi dice che c’è un bel gruppo e gli piace anche con la gente, molto aperta e accogliente. Del resto noi viviamo in Romagna ma siamo originari del Cilento".

Tra l’altro, all’inizio il suo allenatore era Cristiano Lucarelli, ovvero un ex bomber di razza.

"Certo, infatti si è trovato molto bene anche con lui, lo ha molto aiutato".

Nel 2020 invece l’esordio col Bologna. Cosa conservate ancora?

"Fu qualcosa di indelebile, Mihajlovic lo fece entrare al Bentegodi contro il Verona. Così come ricordo benissimo i minuti finali contro l’Inter lo scorso febbraio, quando c’era già Thiago Motta. Antonio si era trovato benissimo con Mihajlovic, che credeva tantissimo in lui. Siamo infatti rimasti ancora di più dispiaciuti per la sua scomparsa, non dimenticherò mai la fiducia che ha dato a mio figlio".

Andando sempre più a ritroso, come avvenne l’approdo in rossoblu?

"Quando aveva nove anni e giocava nell’Azzurra di Ravenna, lo notò un osservatore del Cesena e da lì ci fu il passaggio nei Pulcini del Cesena. Poi però nel 2015 il club fallì e quindi diverse società giovanili lo volevano, ma alla fine il Bologna era la destinazione che ci convinceva di più. Il primo anno fu difficilissimo: era ancora un ragazzino che andava a scuola e che viveva in un convitto. Si allenava sempre bene ma durante il primo anno non giocava mai, entrava al massimo a cinque minuti dalla fine. Non era per niente facile per Antonio, pensa che io, vedendo che stava male, ogni tanto lo chiamavo e per dirgli “Dai Antonio, se non te la senti di stare lì torna a casa, non succede niente”, ma lui nemmeno mi rispondeva. Proprio dopo quell’anno ho capito che poteva per davvero fare il calciatore, gli dicevo: “Se non hai mai mollato quest’anno, ce la puoi fare”. E così è stato".

Magari tra sei mesi può tornare al Bologna per giocare da protagonista in prima squadra.

"L'obiettivo è quello, ora speriamo che continui a fare bene. Antonio si è sempre impegnato al massimo in tutto quello che ha fatto. Io cerco di aiutarlo dandogli dei consigli, non ho mai praticato il calcio ma pratico molta attività sportiva, quindi a volte gli do dei suggerimenti su come mangiare bene o su come riposare al meglio. Devo dire che mi ascolta".

Per concludere, chi era l'idolo di suo figlio?

"Cavani".

È insolito, perché a questa domanda quasi tutti rispondono con Ronaldo o Messi.

"Ma Antonio tifa per il Napoli, e ha iniziato a giocare a calcio proprio in quegli anni in cui c’era il Matador. Quindi è cresciuto col mito di Cavani, è il giocatore più gli è rimasto impresso". 

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