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ESCLUSIVA SI Paulo Sousa, anno stellare negli Emirati: “Lavoro, vittorie e… 3 lingue. Italia? E’ casa mia, voglio vincere”

Una annata che non ha scalfito minimamente la passione e la fame di vincere: Paulo Sousa torna a parlare, in esclusiva a Sportitalia, dopo una stagione trionfale vissuta alla guida dello Shabab Al-Ahli, club degli Emirati Arabi Uniti.

Alcuni numeri, partendo dai 4 trofei vinti: la UAE Pro League, la Coppa del Presidente, la Supercoppa degli Emirati Arabi Uniti e la UAE/Qatar Challenge Shield (unica squadra degli Emirati Arabi a riuscirci). Per la prima volta nella storia, lo Shabab ha vinto campionato, Coppa del Presidente e Supercoppa degli Emirati Arabi Uniti nella stessa stagione. Il tutto centrando la striscia di imbattibilità più lunga nella storia del calcio degli Emirati Arabi Uniti (33 partite) ed anche la striscia di imbattibilità più lunga al mondo in questa stagione. In aggiunta, la bellezza di 114 gol segnati, record assoluto nel Paese, con 38 punti fatti nella prima parte di stagione, altro record. 

In questa stagione ha infranto ogni record.
“Sarà una stagione difficile da ripetere (ride, n.d.r.). Non per il fatto di vincere, perché quello è sempre l’obiettivo, ma vincere in questo modo…”.

Cosa l’ha spinta a scegliere questo club?
“Sono arrivato allo Shabab perché è stato il club che mi ha dimostrato di avere più ambizione di vincere. Arrivava da una stagione al di sotto delle aspettative ed il club voleva tornare a vincere soprattutto il campionato e la Coppa del Presidente. Nel 2017 tre club si sono uniti per formare questa squadra che però da allora non è riuscita a vincere così tanto. Ho capito che la squadra aveva potenziale, la capacità di giocare in un certo modo, per vincere titoli. Il lavoro è stato impegnativo, solo quando alleni puoi capire il potenziale di un giocatore. C’è una regola che impone di far giocare i giovani, questo ha fatto crescere la qualità del campionato, ma c’è da lavorare sui ragazzi per farli maturare”.

Come ci è riuscito?
“Puntando su due fattori: la cultura del lavoro e la cultura della vittoria. Quando ho firmato, la squadra aveva appena perso il suo bomber, Igor Jesus, che è andato al Botafogo per poi tornare in Nazionale brasiliana. Non è stato facile colmare un vuoto in un ruolo chiave. Ma abbiamo lavorato sulla mentalità e sulla cultura vincente. In tante partite si possono perdere punti determinanti se sei carente in questi due aspetti. Puoi sottovalutare l’avversario, abbassare la concentrazione. Non è mai successo, abbiamo avuto l’esigenza di crescere in ogni partita”.

Sousa salernitana

Si sente quanto sia grande la sua passione: ma come l’ha potuta trasmettere negli Emirati Arabi?
“Parlando 3 lingue (ride, n.d.r.). Spagnolo, inglese e portoghese”.

Lei ne parla 5?
“Esatto. Credo che sia fondamentale più che altro conoscere la cultura del club e dei tifosi, per ricercare i valori nei quali i tifosi si possano riconoscere. Principi di gioco, obiettivi da raggiungere. Sapersi adattare è fondamentale. Per capire le caratteristiche dei giocatori, così da fargli tirare fuori il meglio. I principi di gioco che ho ricercato, mi hanno accompagnato in ogni club che ho scelto: la voglia di essere protagonista in campo, di occupare il più a lungo possibile la metà campo avversaria e facendo più gol possibile”.

Il calcio italiano lo ha seguito anche quest’anno?
“Ho trascorso la maggior parte della mia carriera, da calciatore e allenatore, in Italia. E’ un campionato che seguo tantissimo, perché ho un legame molto speciale con il vostro Paese. E perché ammiro tantissimo gli allenatori italiani. Ritengo che siano fra i migliori al mondo”.

Chi le è piaciuto di più fra gli allenatori in Italia, quest’anno?
“Non mi piace parlare in questi termini, perché cerco sempre di analizzare il lavoro che un allenatore fa senza fermarmi ai risultati. Ho già ammesso diverse volte di essere affezionato a Gasperini. Si è sempre rinnovato, a differenza di quello che qualcuno diceva. Mi sono confrontato diverse volte con lui in campo ed ho sempre analizzato le sue squadre e le sue idee. Poi vedo un allenatore che dopo Conte ha fatto arrivare una squadra due volte in finale di Champions League in un periodo di rinnovamento: Simone Inzaghi con l’Inter. L’Italia ha dimostrato quanto sa essere competitiva”.

Paulo Sousa
Paulo Sousa – Sportitalia.it

In Italia stanno cambiando tante panchine. Lei è tornato a lavorare con Giovanni Branchini, non è che l’ha già avvisata di qualche chiamata ricevuta?
“Sono contentissimo di essere tornato a lavorare con Giovanni. Mi mancava avere un fratello maggiore come lui. Sono contento perché è una persona che ha una visione, una lettura del calcio e degli allenatori e giocatori che mi piace tantissimo. Quello che ci siamo detti è che io sono un allenatore che vuole continuare a vincere. Mi trovo benissimo in club che vogliono vincere. Anche in squadre come la Salernitana, che doveva salvarsi, avete visto il numero di risultati positivi che abbiamo raggiunto e per farlo serve avere una mentalità vincente. Questo è il mio grande obiettivo, lavorando in squadre con la mia stessa mentalità”.

Trovare club che possano vincere come ha fatto quest’anno, dunque?
“Non è facile vincere 4 trofei certo, ma voglio vincere in qualsiasi campionato. Voglio lavorare per l’obiettivo di vincere”.

L’Italia non la lascerebbe indifferente comunque?
“Come dicevo in Italia mi sento a casa mia, mi piace essere sempre vicino alle vicende della Serie A. Gli allenatori italiani li ammiro sempre”.

Se le parlo di Salernitana e Fiorentina, che sensazioni le lascio?
“Sulla Salernitana: una città incredibile con una spinta incredibile dai propri tifosi. Ricordo vittorie importanti contro l’Inter, l’Atalanta, l’Udinese, memorabili. Sulla Fiorentina: vedere, sentire le sensazioni della gente nel momento in cui eravamo primi in classifica, è stato straordinario. Anche lì ho trovato tifosi incredibili. Che hanno grande romanticismo, cultura ed amore per il bel gioco. Mi sono identificato nella cultura viola, ho tanti bei ricordi su queste due squadre”.

La Juventus ha vissuto una stagione tribolata. Lei sa quanto è più difficile vincere in una squadra così grande.
“Non la vedo così. E’ molto più facile, più che difficile, vincere alla Juventus. E’ un club con storia, tradizione e mezzi vincenti, con calciatori di livello altissimo. E’ molto più facile fare bene che fare male”.

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