Wimbledon inizia con un’ondata di eliminazioni eccellenti, ma a sconvolgere il mondo del tennis non sono i risultati.
L’erba di Wimbledon ha appena iniziato a scricchiolare sotto i passi dei protagonisti e già il torneo ha regalato scosse fortissime. Tante teste di serie, giocatori accreditati e ampiamente favoriti, sono crollati clamorosamente già al primo turno.

Fatti che di per sé basterebbero a far discutere, ma stavolta non sono i risultati a lasciare senza parole. È qualcos’altro, qualcosa che va molto oltre il tennis, che sta scuotendo il torneo e l’intero circuito.
Tennis sotto choc, ALcaraz come Zverev
Parole inaspettate, pesanti, che scavano dentro e raccontano una realtà che, per troppo tempo, è rimasta nascosta dietro le vittorie, le racchette impugnate e le interviste di circostanza. Alexander Zverev ha fallito l’esordio, e lo ha fatto in modo fragoroso. Uscire al primo turno di Wimbledon è già di per sé un colpo durissimo, ma farlo contro il numero 72 del mondo suona come un crollo completo, sportivo e mentale.

– sportitalia.it)
E infatti è proprio la mente il cuore del problema. Nella conferenza stampa post-partita, Zverev ha deciso di parlare. Ma non di tattiche sbagliate o del servizio che non ha funzionato. No, stavolta è andato dritto al punto, senza filtri: “Devo recuperare la gioia che ho perso. Non credo che il tennis sia il mio problema al momento, è una questione di vita. Non mi sono mai sentito così vuoto. Mi manca semplicemente la gioia in tutto ciò che faccio”.
Un silenzio pesante ha avvolto la sala stampa dopo quelle parole. Non era un discorso scritto, non era una frase detta tanto per. Era un uomo che si spogliava della sua corazza di atleta e raccontava la sua fragilità. E la cosa ancora più sorprendente è che, poco dopo, anche Carlos Alcaraz, uno che invece a Wimbledon ci è arrivato con l’entusiasmo alle stelle, ha fatto eco a quelle parole. “Anche io mi sono sentito giù di morale in campo qualche volta, ma ora sono felice perché ho trovato il mio equilibrio e trovato la strada giusta. Non si tratta di vincere o di perdere, cerco di non focalizzarmi solo sui risultati: si tratta di godersi il tennis e divertirsi in campo”.
Senza ombra di dubbio, queste due dichiarazioni hanno aperto uno squarcio nuovo nel modo in cui si guarda al tennis, e forse allo sport in generale. Perché se due tra i giocatori più forti al mondo, all’apice della carriera, ammettono di essere o di essere stati svuotati dentro, allora è chiaro che la pressione, le aspettative e l’immagine costruita intorno a ogni campione sono diventate un macigno. Non si tratta solo di partite vinte o perse, ma di equilibrio personale, di serenità, di umanità.
Il torneo va avanti, come sempre. I tabelloni si aggiornano, le sorprese non mancheranno, e la finale è ancora lontana. Però questa edizione di Wimbledon, al di là di chi solleverà il trofeo, ha già segnato un punto importante. Forse il più importante di tutti: ricordare che dietro ogni atleta c’è una persona. E che anche i numeri uno possono sentirsi vuoti.