L’involuzione nell’evoluzione. Che detto così sembra un ossimoro, anzi lo è. In realtà è l’unico modo per chi vi scrive di definire il momento che stiamo vivendo, ingabbiati in una società costruita per farci perdere, ma che odia chi perde. I “casi” Berrettini, Zverev e Bronzetti sono lì a dimostrarlo. E mi hanno colpita tantissimo. Ho amato la loro verità, ho empatizzato con la loro fragilità. Ma verità e fragilità sono bandite dall’epoca social. Un’epoca che non tollera i deboli perché i deboli sono visti come degli sfigati e perché gli atleti in quanto privilegiati non possono permettersi di essere deboli. Saper gestire la pressione diventata così dannatamente mediatica è l’avversario più difficile da affrontare. Gli sportivi, in questo caso i tennisti, si trovano di fronte un esercito di invisibili che commenta in tempo reale ogni punto, ogni errore, ogni gesto ed espressione. Una volta andavi in conferenza stampa e finiva lì.

– sportitalia.it)
Poi il giorno dopo aprivi il giornale e leggevi il pezzo sul tuo match firmato da grandi giornalisti. Adesso gli invisibili scrivono di tutti, commentano tutto, urlano odio e insulti per far ridere o perché è di tendenza. Senza rispetto, senza capire nulla di quello sport. Ci sono influencer ignoranti, c’è gente idolatrata perché bestemmia sui social. Capisco la solitudine di Zverev, la sua mancanza di gioia, capisco la fatica di Berrettini, il crollo della Bronzetti. Perché la tua passione che è diventata il tuo lavoro, a volte, ti porta a questo, ti porta a non divertirti più come prima, soprattutto se in mezzo c’è tutto il mondo descritto sopra nel momento più buio della nostra storia. Leggete “Open” di Andre Agassi, un capolavoro, aprite mente e cuore. Tutto il circo social a quei tempi non c’era altrimenti sono sicura che Agassi non ce l’avrebbe fatta.