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Juve, due babà. Milan, fuori gli intermediari dal palazzo. Il pasticcio della Roma

Il calciomercato si congeda con 48 ore, le ultime prima dello stop di lunedì scorso, scoppiettanti. Tre considerazioni emergono, tra le altre, da questa sessione. La prima riguarda la Juve che esce bene dal mercato. Voto 7 pieno. Openda e Zhegrova aggiungono un tasso di qualità enorme negli ultimi 30 metri, due babà, rendendo l’assortimento offensivo tra i migliori d’Europa. Già eri messo bene con Conceicao più David più Yildiz, ora aumenta il tasso di imprevedibilità, fantasia, velocità, assist, gol, tutto. Avevo detto che avrei giudicato Comolli in base alla vicenda Vlahovic, se fosse rimasto sarebbe stato un bagno di sangue poco ammissibile. Ci ho ragionato su e sono arrivato a questa conclusione: certo, sarebbe stato meglio trovare una soluzione per non perderlo a zero (a meno che non accada un miracolo sul rinnovo), ma è anche vero che Comolli paga colpe non sue, compresa la magica intuizione del signor Paratici che lo ha portato a guadagnare sempre più con il trascorrere degli anni. Mi chiedono: ma la Juve è da scudetto? Per me se la può giocare fino in fondo. Intanto, un nuovo acquisto è Bremer che è mancato come l’aria per tutta la scorsa stagione. Non ho nulla nei riguardi di Locatelli, ma se ci fosse un Tonali a dirigere il traffico, il salto di qualità sarebbe definitivo. Manca forse un terzino utile per le rotazioni, ma adesso sembra quasi voler cercare la pagliuzza. L’aspetto convincente tra tanti altri: aver ceduto a condizioni ferree, non trattabili, a costo di far saltare il banco (vedi Weah e la telenovela con l’Olympique Marsiglia). La duttilità di Tudor rispetto alla dittatura o presunta tale di Motta è un passaggio chiave per non avvelenare il clima, per compattare lo spogliatoio e per non trovarsi a convivere con problemi che solitamente non dovrebbero avere motivo di esistere. Se la Juve si divertirà, non ingolfando i meccanismi, può prenotarsi per una stagione che la avvicini sempre più al concetto “vincere è l’unica cosa che conta”.


Il Milan mi ha un po’ deluso per tantissimi motivi. Uno tra i tanti, il fatto di rinviare – da anni e anni – l’acquisto di un centravanti che sia davvero degno della maglia rossonera. Ma allora ci sarebbe la sicurezza di un nome alla larga da qualsiasi rischio? No, conta solo il campo, ma se ti muovi per tempo per un Vlahovic hai maggiori possibilità di andare a dama. Quando il Milan ha provato ad avvicinarsi, mentre Allegri ci parlava da mesi, è stato troppo tardi. Invece, ha voluto fare il giro d’Europa anche alla ricerca di profili improbabili, troppo acerbi oppure condizionati da altri problemi, pessima scelta. Il Milan ha un fascino enorme e un problema serio: gli intermediari che decidono spesso più del direttore sportivo o dell’allenatore, Busardò è diventato più un problema che una risorsa, funziona così quando dai potere a chi poi si allarga e da un dito si prende tutto il… braccio. Il calcio di una volta era perfetto: il direttore parlava con l’allenatore, decideva e sottoponeva al presidente per farsi avallare la spesa. Adesso bisogna parlare con Busardò, ma chi è Busardò? Può essere più importante di chi dovrebbe davvero decidere?

Tare, ds Milan
Igli Tare, ds Milan

La Roma ha fatto peggio, non accontentando Gasperini, facendosi portare a spasso dall’agente di Sancho (priorità assoluta) che ha condizionato il suo assistito perché voleva piazzarne un altro (George). Do la sufficienza perché alcuni acquisti sono interessanti, ma in generale è stato un pasticcio.
La strategia di Massara è stata piena di buchi e omissioni, non mi sorprenderei se prima o poi gli presentassero un conto salato. Massara è arrivato lungo (vedi Rios) perdendo troppo tempo, oppure si è fatto bruciare come nel caso di Fabio Silva e non solo. Non ha saputo chiudere una cessione, pane quotidiano di qualsiasi direttore sportivo che si rispetti. Neanche per sbaglio, neanche una. Massara conosce bene il calcio e i talenti, ma fare il direttore è un altro sport, un film agli antipodi. Serve la gestione, ci vuole presenza, furbizia, tempismo, sangue freddo. Ai tempi del Milan c’era un certo signor Maldini a metterci la faccia, mi ricordo quella trasferta-lampo a Ibiza per convincere un certo Theo Hernandez a mettere il rossonero davanti al resto. Massara in tre mesi ha preso curve larghe e imbarcato acqua: in premio, verso fine agosto, un giorno e mezzo a Londra per chiudere qualcosa in entrata o in uscita, anche in quel caso non pervenuto. Un direttore sportivo deve pensare sempre al meglio, ma onestamente sarebbe stato difficile fare peggio.

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