Il mondo del ciclismo è rimasto letteralmente senza parole. Tadej Pogacar ha lasciato tutti a bocca aperta e quanto accaduto ha del clamoroso.
Ci sono numeri che parlano da soli e nomi che bastano a evocare un’epoca. Tadej Pogacar rientra di diritto in questa categoria. A soli 27 anni, il campione sloveno ha accumulato un palmarès che pochi corridori nella storia del ciclismo possono vantare. Quattro Tour de France (2020, 2021, 2024 e 2025), un Giro d’Italia nel 2024 con sei tappe vinte e venti giorni in maglia rosa, tre Liegi-Bastogne-Liegi, quattro Giri di Lombardia consecutivi dal 2021 e tre Strade Bianche. E ancora: due Freccia Vallone, due Giri delle Fiandre, oltre venti successi di tappa al Tour e quarantanove maglie gialle indossate. Un curriculum che sembra più vicino a quello di un campione a fine carriera che a un corridore nel pieno della sua parabola agonistica.

Il paragone con i grandi del passato è inevitabile: da Fausto Coppi a Eddy Merckx, ogni epoca ha avuto il suo dominatore, ma raramente si è visto un corridore capace di imporsi in così tanti scenari differenti. Pogacar non è solo un vincente, è un fenomeno poliedrico: sa gestire le corse a tappe, le classiche più dure, i muri del Nord e le salite alpine. La sua semplicità fuori dalla bici contrasta con la ferocia agonistica in gara, rendendolo un campione popolare e amato in tutto il mondo. E oggi, dopo un’altra impresa leggendaria, i suoi numeri non sono più soltanto statistiche: sono la conferma di un talento che sembra destinato a ridefinire i confini del ciclismo moderno.
Pogacar, Mondiale in Rwanda e 66 km da solo: social in delirio
Il palcoscenico era il più difficile possibile: il circuito di Kigali, con 35 salite, oltre 5.400 metri di dislivello e tratti in pavé che hanno reso durissimo il percorso. Su 164 partenti, solo 30 sono riusciti a concludere. In questo contesto, Tadej Pogacar ha reso possibile l’impossibile: scattato sul Mont Kigali, ha lasciato sul posto i rivali e ha affrontato da solo gli ultimi 66 chilometri, resistendo a ogni contraccolpo. Sul traguardo, il distacco parlava chiaro: 1’28” su Remco Evenepoel, frenato da problemi alla sella e costretto a due cambi di bici, e 2’16” sull’irlandese Ben Healy, bronzo di giornata. Un’impresa che non poteva lasciare indifferenti, né gli addetti ai lavori né i tifosi. I social si sono subito riempiti di commenti entusiasti, celebrando l’ennesimo capolavoro del fuoriclasse sloveno.

“Non sei umano Pogi!”, scrive un utente, mentre un altro sottolinea: “Primo e unico a vincere Tour de France e Mondiale in linea nello stesso anno per due anni consecutivi”. C’è chi si limita a un’esclamazione secca: “Non è forte!!! Di più!!!!!”, e chi invece alza lo sguardo verso il futuro: “Tadej Pogačar è campione del mondo. Considerando che ha solamente 27 anni, e questa è l’ennesima vittoria, a fine carriera si potrà considerare il corridore più forte di tutti i tempi?”. Il Mondiale in Rwanda ha consacrato non solo il campione, ma anche il mito. La sua cavalcata solitaria resterà tra le pagine più memorabili del ciclismo, in una cornice di un milione di spettatori che hanno reso il percorso africano una festa collettiva. Pogacar ha dimostrato ancora una volta che il suo nome non è solo sinonimo di vittorie, ma di imprese capaci di emozionare e di entrare di diritto nella leggenda di questo sport.






