Stefano Tacconi, il calvario prosegue: ore di grande apprensione

L’ex portiere della Nazionale e della Juventus Stefano Tacconi resta ricoverato, le sue condizioni sono ancora gravissime dopo l’aneurisma del 23 aprile scorso

Dal 23 aprile scorso, dall’aneurisma che ha provocato una grave emorragia cerebrale, il quadro clinico di Stefano Tacconi viene definito critico.

Tacconi
Stefano Tacconi, in divisa da cuoco in uno dei suoi ristoranti (Instagram)

I medici dell’ospedale di Alessandria dove è stato ricoverato d’urgenza, pur mantenendo il massimo riserbo, dispongono almeno un bollettino medico al giorno nella speranza di un miglioramento tale da sciogliere la prognosi e le riserve.

Stefano Tacconi, nuovo intervento chirurgico

Ma non è questo il caso. Stefano Tacconi sta lottando come un leone, cerca di reagire alle terapie. Ma le condizioni restano gravissime.

Ieri sera, postando un messaggio sull’account ufficiale della famiglia, è stato il figlio dell’ex portiere di Nazionale e Juventus, ma anche di Sambenedettese, Avellino (aveva esordito con gli irpini in Serie A) e Genoa, con cui aveva chiuso la sua carriera nel 1994, a fare chiarezza.

Nuova operazione, e decorso

“Ci sarà un nuovo intervento chirurgico alla testa. Ma supererà anche questa” ha scritto Andrea, uno dei quattro figli che l’ex portiere – oggi apprezzato imprenditore nel settore della ristorazione e opinionista sportivo – ha avuto dalla sua seconda moglie, Laura Speranza.

L’intervento sarà eseguito oggi e potrebbe non essere l’ultimo. L’obiettivo di questi interventi è quello di rimuovere tutti i danni comportati dall’aneurisma e dall’emorragia.

Stefano Tacconi
Stefano Tacconi e la moglie Laura, quattro figli (Instagram)

Il quadro clinico resta grave, pur con un cautissimo ottimismo espresso dal direttore del reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Alessandria, il professore Andrea Barbanera: “Tacconi ha assunto una certa autonomia nella respirazione, reagisce, è discretamente vigile. Manteniamo la massima cautela ma continuiamo con il nostro programma. Poi, se le cose andranno come ci aspettiamo, potremo pensare al suo trasferimento in una struttura di riabilitazione. Ma non prima di almeno altre due settimane”.

 

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