Perché la Juve condannata e il trattamento diverso è giusto, spiegato bene

La stangata alla Juventus come è ovvio che sia ha già generato un’ondata contraria di difesa per la società con più tifosi in Italia. E utilizzo il termine ‘stangata’ che così popolare fu durante le sentenze Calciopoli, perché oggi come allora la narrativa della difesa è simile, ancorché curiosa.

Perché normalmente chi si difende e proclama la propria innocenza, dichiara di non aver commesso il fatto o quantomeno nei casi più sfumati come nei reati amministrativi prova a dimostrare il perché quanto commesso non sia un crimine.

Invece, stavolta come allora la linea narrativa di difesa verte sul “lo hanno fatto anche gli altri”.

Allora proviamo a capire perché la Juventus è stata condannata, e così aspramente, e – nel momento in cui venga accertato un dolo – dunque il trattamento diverso sia giusto e conseguente.

Comprenderlo deriva dalla premessa della riapertura del processo.

In molti sostenevano, e ancora sostengono, che sia impossibile stabilire il valore ‘corretto’ di un giocatore, e che dunque fosse insensato aprire un nuovo procedimento sulle plusvalenze.

Ignorando – e davvero è tutta qui la questione – che il processo stavolta è stato riaperto per un solo motivo e uno soltanto: non per la tesi che i valori di certuni giocatori fossero stati gonfiati; ma solo e soltanto per la sopraggiunta evidenza delle intercettazioni in cui sono presenti dirigenti juventini che esplicitamente ammettono di iscrivere a bilancio un valore non vero, e per pura cosmesi contabile.

E’ tutto là il processo.

E’ tutta là la penalizzazione.

Non c’è davvero nient’altro da aggiungere. E, accertato il crimine, nient’altro da contestare.

Direte: “ma lo fanno anche altri”; “ma gli altri non sono condannati perché non sono intercettati”. Può essere, forse sì. Ma i processi si fanno con le prove, non con i sospetti.

E la prova che i dirigenti juventini abbiano nelle intercettazioni riconosciuto di scrivere un valore di mercato non reale, quella c’è. Per gli altri dirigenti, non c’è.

E per inciso, ricordatevi anche che, tra le altre cose, le differenti società non sono quotate in borsa e non hanno chiesto soldi agli investitori (per quanto questa sia un’altra questione non sportiva).

Assodato il senso del condannare la Juve (e badate che il ribaltamento totale della sentenza al Collegio di Garanzia Coni è altamente improbabile), in parte rimane ancora da capire allora la seconda questione: perché questa disparità di trattamento?

Per due ragioni.

La prima l’abbiamo già menzionata, la presenza della pistola fumante in merito solo alla Juventus.

La seconda è data dalla struttura sistemica solo in seno alla Vecchia Signora di questo istituto della plusvalenza farlocca, laddove per gli altri è un fatto episodico (e infatti il volume delle plusvalenze senza cash per la Juventus rappresentano un porzione abnorme nel fatturato). Al punto che – come fu menzionato ad esempio nelle sentenze di Calciopoli – si possa riconoscere come ci sia una società in particolare ad agire sistematicamente in merito, rispetto ad altre.

Ultima considerazione, sulla struttura della pena. Molti difensori della causa juventina lamentano nello specifico che solo i bianconeri abbiano ricevuto penalizzazione, e che questa allora dovrebbe toccare anche chi è solo colpito con ammende.

Ma a dire il vero, se riconosciuti colpevoli, alla Juve devono rallegrarsi che gli altri non siano penalizzati: perché in caso di colpevolezza, visto il differente grado di gravità tra le altre e la Juventus, se anche le altre squadre fossero penalizzate allora i giudici dovrebbero scalare ulteriormente la condanna nei confronti della Juve. Il che vorrebbe dire retrocessione

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