Perché l’unica speranza dell’Inter è nella natura dell’Inter stessa. Sarà un…

L’Inter non è sfavorita. Non è una sorpresa.

LInter è oltre l’essere la sfavorita e la sorpresa: è proprio quella che non ci doveva essere per nessun motivo logico. Perché non aveva la forza, non aveva la qualità, non aveva il destino, non aveva nulla per esserci in finale. Ma proprio nulla.

A sentire gli altri, almeno.

Eppure l’Inter c’è, in finale. Con il merito totale, senza aver rubato assolutamente niente. Se c’erano due squadre che dovevano essere in questa finale erano proprio il Manchester City e l’Inter.

Ma il City lo sapevamo già a settembre perché.

L’Inter invece è sopravvissuta ogni volta a quanto le succedeva attorno.

Tante volte la davano per finita, anzi no per abusiva, per una che ma dove vuole andare, per una banda senza costrutto, e Simone Inzaghi trattato come un clandestino della panchina che occupava il posto destinato a qualcun altro.

E invece l’Inter, Simone, i suoi uomini, hanno mantenuto la calma quando tutti gli altri attorno la perdevano, e gliene facevano una colpa; hanno creduto in loro stessi quando tutti avevano dubbi, per quanto Inzaghi stesso abbia tenuto i dubbi nel giusto conto.

C’è evidentemente un legame umano ineluttabile tra di loro. Dovevano essere spazzati via, e sono rimasti in piedi. E lo sanno, quando assieme scendono in campo, che sono qualcosa perché sono stati qualcuno l’uno per l’altro.

Questo non cancella la realtà. Il Manchester City è la montagna più difficile da scalare della loro carriera. E’ molto favorito perché è più forte, di tanto, e sotto tutti i punti di vista.

E l’Inter ci sono tre cose che dovrà fare per non farsi inghiottire: raddoppiare sistematicamente i portatori di palla, con il compagno libero accanto che deve aiutare il marcatore; giocare velocemente il pallone quelle poche volte che lo riesce a rubare, perché al terzo tocco sono già in tre addosso che te lo portano via; liberare sempre un uomo pronto a ricevere il passaggio per lo scarico: quindi passare e già liberarsi dalla marcatura.

Pare facile. Ma nessuno si è sognato che lo fosse.

Scendere all’inferno. Questo è. Devi passare ogni girone della sofferenza per uscire a rivedere le stelle.

Non sappiamo se ci sarà un passeggero in più sull’aereo di ritorno per Milano.

Ma dall’Ataturk non dovrà tornare alcun rimpianto.

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