Basta con Allegri in o out. Ora conta la Juve: fuori dall’Europa, l’obiettivo sarà unicamente lo scudetto. Altro che piazzamento fra le prime quattro

Questa Juve è davvero inafferrabile e liquida. I cento anni di legame fra la famiglia Agnelli e la Signora sono passati in sordina, l’eliminazione dalla Conference è stata accolta con un sospiro di sollievo, in po’ meno i dieci milioni di multa che potrebbero diventare venti. La nuova dirigenza ha preso tutte le distanze necessarie dalla precedente. Un po’ come avvenuto dopo Calciopoli, alimentando gli stessi sospetti (di fuoco amico) e ingrossando le solite fazioni. Si è divisi su tutto, eppure si va avanti senza una strategia precisa o, meglio, inventandone una ad ogni giro di giostra. Le poche sicurezze, per ragionare di calcio, sono Giuntoli e Allegri. Abbiamo scritto “sicurezze”, ma forse sul secondo nome ci siamo un po’ sbilanciati. Fermiamoci a Giuntoli, va. I giocatori? Weah non male alla prima apparizione contro il Milan (gioco del destino). Il resto si chiamano speranze, come quelle riposte sulla rinascita di Vlahovic e Chiesa. Per Pogba, quanto a ripresa dagli acciacchi, bisognerà ancora aspettare. Vero, senza l’Europa, la Juve non avrà alibi, si dovrà concentrare sul campionato. Da qui non si scappa. Ma quali giocatori non hanno perso valore rispetto allo scorso campionato? Forse solo il trentaduenne Danilo. Unico, vero, baluardo al quale aggrapparsi per una ricostruzione tutta da immaginare. Il resto vale molto meno dell’anno scorso e di due anni fa. Senza ricorrere a proverbi cinesi o saggezza indiana sulla perseveranza nell’errore concediamo pure che un errore non è ancora un errore finché non ti rifiuti di correggerlo, la domanda è: perché nell’anno zero, dopo patteggiamenti nazionali ed europei (con tanto di soldi spesi o da spendere in multe), si insiste ancora con Allegri? Di Maria un flop, Pogba un flop, Kostic un flop, Vlahovic un flop, Chiesa un flop, Locatelli un flop. Qualunque cosa venga toccata, da oro diventa bronzo. Un po’ come la faccia. La Juve non può diventare pasta e Fagioli, con tutto il rispetto. E se il menù va cambiato, va cambiato anche lo chef. Possibile che da Dybala a De Ligt, per non parlare dei tanti altri andati via, ci sia tanta incomprensione verso il talento? I giocatori non sono figurine da incollare sull’album con lo schieramento scritto sulla lavagna. Qualcuno deve spiegargli che cosa fare in campo. Ma la speranza è Giuntoli. Davvero un uomo solo al comando con l’appoggio di Francesco Calvo. Gli altri, sempre con il dovuto rispetto, non sono uomini di calcio, ma di gestione. E gestione non fa rima con vittorie. La speranza per i tifosi è che il limbo verificatosi dopo Calciopoli, con la gestione a pastìccini e spumante di Cobolli e Blanc, non abbia a ripetersi, soprattutto, per la perdita di tempo. Sarebbe davvero insopportabile. E perché la speranza è Giuntoli? Proprio perché questa sarà una stagione unica e irripetibile in cui sperimentare e seminare. E siamo sicuri che non sarà sprecata. Dal 2024-25 si tornerà a fare sul serio. Ora, non sappiamo se ci saranno scadenze serie come quella del panettone da mangiare, ma certamente la Juve dovrà cambiare registro. Con o senza Allegri. Ecco è questo il punto: basta con Allegri in o out, mai, come nella prossima stagione, conterà la Juve e sarà solo il campo a giudicarla. E togliamoci dalla testa che sarà importante il piazzamento in Champions. Fuori dall’Europa, il piazzamento minimo per i bianconeri si chiamerà scudetto. Come suggerisce la storia.

Paolo De Paola

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