Allenatori, non è filosofia: ecco chi arricchisce i club. Mourinho, i dubbi dei Friedkin partono da qui. Pinto da Costa, ma ci faccia il piacere!

Finalmente si torna a giocare, con una qualificazione all'Europeo in più nelle tasche e con la consueta valanga di nomi nella memoria che ha scandito anche questa sosta dal campionato. La parola torna al campo, e se ne sentiva il bisogno soprattutto perchè gli argomenti a disposizione erano davvero terminati. Queste due settimane sono servite a ricordare all'uditorio collettivo che ogni squadra potrebbe avere il pensiero di rafforzarsi durante la sessione di gennaio, e soprattutto a mettere in luce le esigenze più evidenti che dal punto di vista strutturale le big di casa nostra hanno loro malgrado messo in evidenza.

Il presupposto di partenza è che nessuno abbia portato a termine un'estate perfetta, che il 100% di operazioni azzeccate non possa trovare appartenenza, ma anche che le critiche feroci messe in archivio siano state implicitamente rivolte al lavoro che stanno svolgendo gli allenatori delle squadre in questione.

La realtà corrisponde al fatto che al giorno d'oggi non sia più sostenibile un tecnico che badi alla concretezza del risultato, senza accompagnarla con un percorso di gioco mirato a valorizzare le individualità delle quali si dispone. Il ragionamento non è filosofico, per quanto lo spettacolo sia sostanzialmente apprezzato da tutti, ma piuttosto di sostenibilità economica. Il player trading è la risorsa principale cui sono destinate ad attingere le società di casa nostra fino a quando la nostra possibilità di spesa non tornerà ad essere competitiva ai massimi livelli, ed allora va approfondito come la giusta cessione possa effettivamente mettere in salute il bilancio di una società quando necessario (Inter), o accrescere l'opportunità di investire laddove la gestione della proprietà sia già solida a sufficienza (Milan).

Emblematica l'ultima estate di mercato, che ha palesato come allenatori diversi, con stili di gioco differenti, ma comunque accomunati dalla volontà di fare la partita siano veicolo e componente della valorizzazione di calciatori che una volta ceduti hanno fatto la fortuna delle rispettive società di appartenenza.

Alla categoria in questione corrispondono per esempio i profili di Simone Inzaghi, Stefano Pioli, Luciano Spalletti, Gianpiero Gasperini ed anche Vincenzo Italiano, tanto per fare degli esempi concreti. Onana è arrivato a zero ma l'organizzazione tattica del tecnico dell'Inter ha contribuito a valorizzarlo al punto tale da essere ceduto al Manchester United per la cifra che conosciamo, e che ha contribuito al complicato tentativo di risanamento delle casse nerazzurre oltre al rafforzamento di una squadra che è certamente migliore rispetto a quella di un anno fa. Lo stesso valga per l'evoluzione di Sandro Tonali anche grazie al contributo di Stefano Pioli: il trasferimento del centrocampista al Newcastle ha consentito ai rossoneri di programmare un'estate con il maggiore investimento dell'intero panorama italiano. E via di seguito per il Napoli con la cessione di Kim, enormemente valorizzato dall'organizzazione difensiva di Spalletti sino alla cessione al Bayern Monaco, ed infine l'emblematico caso Vlahovic. Qualche mese di cura Italiano alla Fiorentina aveva fatto di lui uno dei centravanti più appetiti dell'intero continente sino a spingere il suo valore di mercato agli 83,5 milioni di euro pagati dalla Juventus: due anni di Allegri, tecnico dalla filosofia decisamente differente, hanno fatto dello stesso bomber da un gol a partita un centravanti da recuperare e che certamente non ha accresciuto di un centesimo il prezzo del suo cartellino.

Una gestione, quella di Allegri, che risulta assimilabile per larghi tratti a quella di Josè Mourinho sulla panchina della Roma. Simili per il palmares scintillante ed assolutamente indiscutibile, ma anche per scelte tattiche prettamente conservatrici e poco mirate all'ottenimaneto del risultato collettivo attraverso la valorizzazione tecnica delle caratteristiche del singolo. Provando ad immaginare un'opera di player trading in casa giallorossa, si fa maledettamente fatica a reperire un calciatore in grado di poter finanziare con la sua sola cessione un'intera sessione di mercato come abbiamo invece visto nei casi precedenti.

Forse i dubbi dei Friedkin nel procedere alla proposta di rinnovo che lo Special One sembra invocare intervista dopo intervista, partono anche da qui.

Infine, una breve riflessione sulle parole del Presidente del Porto Pinto da Costa, che si è di recente permesso di definire come “ridicole” le proposte del Milan per acquistare Taremi a fine agosto. In primo luogo, il massimo dirigente dei Dragoes forse non è al corrente del fatto che il suo vice Vitor Baia abbia pronunciato ai nostri microdoni in data 31 agosto scorso le seguenti dichiarazioni: “Accordo raggiunto tra Porto e Milan per Taremi. Ma manca ancora il giocatore. Le trattative vanno avanti". Segno che probabilmente la proposta rossonera non fosse poi così degna di scherno.

In secondo luogo poi, sarebbe opportuno che lo stesso Presidente spiegasse i motivi per il quale per condurre in…Porto una trattativa con il suo club di riferimento, diventi condizione rilevante e in alcuni casi fondamentale, quella di coinvolgere nella transazione l'avvocato Pedro Pinho, vero motivo per il quale anche la trattativa Taremi non andò a buon fine. Se è vero che il mondo del calcio non ha memoria, almeno il buon gusto non dovrebbe mai mancare.

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