De Laurentiis ha finalmente compreso che questo Napoli non può allenarlo chiunque. L’assunzione di responsabilità è tardiva e le scuse non servono a nulla. La verità è una soltanto

Il mea culpa di Aurelio De Laurentiis non è un’assunzione di colpa, ma un colpo di teatro. L’ennesimo. È servito a mostrarsi umili senza pagare nessuna conseguenza. Dimissioni dal Napoli o dimissioni dall’incarico? Nemmeno a parlarne. Multa a se stesso? Sarebbe comico. E allora? Dire “è tutta colpa mia” serve solo a ratificare ciò che scrivono e dicono tutti da mesi. Acqua fresca. Aspettando la seconda puntata in cui il presidente svelerà (così ha detto) come stanno realmente le cose si possono stabilire alcune certezze.

1) Non è vero, come asserito da De Laurentiis, che questo Napoli lo possa allenare chiunque. Ci stanno già provando in due con effetti discutibili se non disastrosi. Eppure la gente non riesce a prendersela con Mazzarri perché lo ritiene l’ennesimo capro espiatorio. Mazzarri ha lasciato ricordi bellissimi a Napoli. Ricordi che non potranno essere scalfiti da questa avventura, comunque possa finire.

2) Il Napoli di Spalletti è stato un autentico modello di gioco, di lavoro, di disciplina, di organizzazione. Anche nel peso fondamentale avuto da Cristiano Giuntoli. Tutto ciò è avvenuto in maniera inconsapevole dello stesso presidente che altrimenti non avrebbe smontato un giocattolo perfetto. La protezione che ha garantito Giuntoli attorno a squadra e allenatore ha rappresentato uno dei motivi di successo. Oltre alla scelta di giocatori importanti.

3) Direttamente collegato al punto due c’è la perizia estrema di inserire rapidamente gente come Kvara, Kim e Anguissa facendo a meno di Koulibaly, Insigne, Mertens e Fabian Ruiz. Riportare all’onor del mondo gente come Mario Rui e Lobotka ha completato l’opera. Spalletti ci ha messo scarsi due mesi ed è partito fortissimo in campionato. Senza tentennamenti e prendendo in contropiede chi non credeva in un simile approccio. Ossia lo stesso presidente e buona parte della tifoseria che aveva contestato De Laurentiis e lo stesso Spalletti.

Stabilita questa ricostruzione fondamentale si può ripartire da basi più solide perché la presa d’atto del presidente non può prescindere dalla sciocchezza sul Napoli che può essere allenato da chiunque, affermata con troppa disinvoltura davanti a tutti. Giustamente De Laurentiis fa riferimento al mercato il quale, da solo, non basterà se non si creerà nuovamente quel solido modello organizzativo messo in piedi dal binomio Giuntoli-Spalletti. È questo il punto centrale, non l’assunzione di responsabilità e le scuse. Quelle servono a poco se non si è compresa la causa del malessere. Insomma De Laurentiis deve svestirsi dai panni di padre padrone e rimettere nelle mani giuste un nuovo “giocattolo”. Sperando che riesca in un altro miracolo e che non venga nuovamente colto dalla smania di apparire e di ritenersi come il re Sole: unico e insostituibile. Il calcio dimostra che persino dopo aver vinto uno scudetto non si può campare di rendita.

Paolo De Paola

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