Nel tennis professionistico, la gestione della salute fisica è sotto i riflettori quasi quanto quella mentale e legale. Eppure, quando si parla di doping, il confine tra giustizia sportiva e processo mediatico diventa sottile, talvolta invisibile.
È quanto accaduto a Jannik Sinner, che meno di un mese fa ha terminato la sua sospensione per positività al Clostebol, una sostanza proibita. Il tennista altoatesino, sin dall’inizio, ha collaborato con le autorità competenti, fornendo una spiegazione dettagliata: la contaminazione accidentale sarebbe avvenuta tramite il contatto con uno spray cicatrizzante utilizzato dal suo fisioterapista Naldi. L’applicazione del prodotto – Trofodermin – senza guanti avrebbe trasferito il principio attivo sulla pelle dell’atleta. Una ricostruzione giudicata attendibile da ITIA e WADA, che hanno definito il caso “lontano anni luce dal doping”.
Stangata Sinner, dieci mesi di stop: nuova squalifica ufficiale – Sportitalia.it (screen Youtube)
Tuttavia, il percorso di Sinner non è stato immune da polemiche. Tra le voci critiche, quella di Federica Pellegrini ha generato un’ondata di reazioni. L’ex nuotatrice ha contestato la leggerezza della pena, insinuando che il trattamento ricevuto da Sinner potesse essere diverso da quello riservato ad altri atleti. Una presa di posizione che ha acceso il dibattito tra giustizia sportiva e percezione pubblica. Nonostante ciò, Sinner ha mantenuto lucidità e compostezza, tornando in campo agli Internazionali d’Italia con il peso di una riabilitazione che è andata ben oltre quella sportiva.
Fetecau positiva al doping, bufera in tribunale
Il recente caso della tennista rumena Irina Fetecau, sospesa per dieci mesi dall’ITIA, offre uno spunto utile per comprendere come le dinamiche antidoping possano variare. Risultata positiva nell’aprile 2024 a un test durante un torneo ITF in Brasile, Fetecau ha ammesso la violazione solo successivamente, sostenendo che la sostanza – un derivato stimolante noto come DMBA – provenisse da un integratore contaminato. La sanzione non è stata immediata. Come spesso accade, la comunicazione ufficiale dell’ITIA è arrivata solo un anno dopo, suscitando proteste online. Alcuni utenti, senza conoscere i dettagli, hanno paragonato il caso a quello di Sinner, accusando l’agenzia di insabbiamento. Ma si tratta di due storie profondamente diverse.
Fetecau positiva al doping, bufera in tribunale – Sportitalia.it (Pixabay)
A differenza del caso Sinner, in cui vi è stata una piena collaborazione e una ricostruzione verificabile dei fatti, la tennista rumena ha faticato a dimostrare la provenienza della sostanza e ha ottenuto una pena ridotta solo dopo un lungo processo, inclusa l’analisi del prodotto incriminato da parte di laboratori accreditati WADA. Mentre Sinner ha ottenuto una sospensione per tre mesi grazie alla trasparenza e alla tempestività con cui ha affrontato l’accusa, Fetecau ha dovuto percorrere un iter ben più complesso, culminato con una squalifica confermata da un tribunale arbitrale. Due casi, dunque, che dimostrano come la verità nello sport non stia solo nei numeri, ma nella capacità di provarla. E che “chiedere la stessa squalifica” non sempre significa avere la stessa colpa.