Uomini di calcio, strana razza. Vivono un anno intero a studiare le scelte e poche ore a godersele, dovendole quasi certamente difenderle per il tempo a seguire: d’altronde è risaputo, chi vince festeggia e chi perde spiega; il problema che può vincere solo una e quelli che spiegano diventano sempre tanti. Quando li ritrovi a microfoni spenti, gli uomini di calcio hanno mille storie, aneddoti e retroscena da raccontare. Ma quando son lì, inghiottiti da quel sistema che spesso va più veloce di un centometrista, tirano a dire sempre le stesse cose: che noia. Guai a dire a un direttore sportivo che ha sbagliato su un’operazione: se è più scopritore di talenti, risponderà con l’elenco di tutti quelli che ha preso a meno soldi degli altri e quelli che stava per prendere e avrebbe preso se non fosse stato bloccato da chiunque avrebbe dovuto metterci i soldi; se è più manager, ti spiegherà con un gran giro di parole perché in quel momento l’investimento sarebbe stato poco funzionale alla base della radice quadrata moltiplicata per due perché si sarebbe poi dovuta in qualche modo dividere ancora per quattro. In entrambi i casi, va bene così: reset.
È l’ultima domenica della vecchia stagione. Per molti, l’ultima di riposo. Non per la Juve e l’Inter che di riposo quest’estate ne vedranno poco e niente, ma di soldi sì: il Mondiale per Club, piaccia o no, è un bancomat che ai club fa comodo, potendo offrire in un mese fino a quanto porta un’intera stagione in Champions League. Al bonus d’ingresso di 21,6 milioni, Juve e Inter hanno aggiunto già 10 milioni e mezzo i bianconeri (2 vittorie e bonus ottavi) e quasi 11 e mezzo i nerazzurri (2 vittorie, un pareggio e bonus ottavi) e ora puntano ai quarti per alzarne altri 12,2 (per eventuale semifinale altri 19,5 e in finale 37 per chi vince e 27,8 per chi perde ma sorride lo stesso). L’Inter se la vedrà con la Fluminense (abbordabile ma assolutamente da non sottovalutare), la Juve invece dovrà tentare di riscattare la figuraccia rimediata col Manchester City sfidando il Real Madrid. Ed è proprio in quest’ultima sfida che emerge la storia nella storia in cui nessuno ha ragione.

Il Real Madrid qualche settimana fa ha pagato Huijsen 60 milioni: la Juve l’estate scorsa lo aveva ceduto al Bournemouth per 15,2 milioni. Neanche con l’aggiunta del 10% della rivendita si riescono a pareggiare i soldi che son serviti per Kelly: preso dal Newcastle a gennaio e già sul mercato perché non ha convinto. Troppo facile parlare solo dell’errore di valutazione di Giuntoli, sollevato dall’incarico da Elkann per una serie di scelte inadeguate come questa: gli uomini di calcio sanno che non è tutto rose e fiori quando ci si ritrova dentro ai campi da riseminare con cura e pazienza. L’ex direttore tecnico ha sbagliato, ma nessuno dirà mai che Huijsen non avrebbe rinnovato il contratto e avrebbe portato la Juve a non prenderci quasi nulla dalla sua cessione. O che nel piano presentato dall’ex dirigente c’era un percorso che avrebbe portato il ragazzo laddove è arrivato: in un top club. Giuntoli l’estate scorsa spingeva Huijsen a fare un anno in prestito fuori per poter essere un titolare della Juve dalla stagione entrante, ma poi per sbloccare il mercato ha dovuto venderlo: come il suo successore, Comolli, sta provando a fare adesso con Mbangula e Weah. Perché proprio loro? Perché al momento pesano poco a bilancio e la cessione porta beneficio per passare alle prossime azioni: e qui sì che il manager ha sempre la meglio sullo scopritalenti.

La sfida fra Kelly e Huijsen in Real Madrid-Juventus al Mondiale per Club procura imbarazzo. Ma è meglio non fare troppo i fenomeni per far passare per stolti chi non c’è più, perché la coerenza di certe scelte pesano solo sul lungo periodo. Qui, piuttosto, c’è da riconoscere il lavoro fatto da una Juve che non c’è più e che è stata bastonata anche per alcuni temi che non hanno mai trovato una logica nuova sul piano scientifico. Nel calcio esistono le percezioni e le proiezioni, ma nessun occhio o algoritmo potrà mai garantire per certo gli investimenti o le scelte: nessuno ha capito ancora quanto è giunto vendere o pagare un giovane di prospettiva, quantomeno per evitare che un giorno qualcuno parli di plusvalenze malsane e poi veda triplicare il valore di un giocatore nel giro di qualche mese. Il calcio è così imprevedibile e assurdo che spesso tira dritto anche sul tema della meritocrazia: gli uomini di calcio lo sanno, ci convivono tra le certezze e le visioni. Huijsen non sarà tra le scelte vincenti di Giuntoli, che oggi è un disoccupato di lusso come l’uomo che portò il difensore alla Juve (diciassettenne) per 70 mila euro: tale Matteo Tognozzi, che è stato tra le anime dello scouting bianconero che per qualche anno ha impreziosito la cassaforte, lo stesso che ha portato anche Yildiz a Torino per 175 mila euro, e ancora Iling, Soulé e Mbangula a poco e niente.
Giuntoli resta l’uomo che ha costruito la sua carriera grazie a tante scelte vincenti: dopo tanti anni sulla giostra, probabilmente starà fermo un anno per riflettere e ripartire più forte di prima, cosciente di aver commesso qualche errore ma che buona parte delle scelte condivise con la proprietà ha dovuto farle per centrare gli obiettivi economici prioritari su quelli sportivi. Tognozzi, invece, è ancora in attesa di un treno che possa portarlo dove merita: la lista dei talenti che ha scoperto è in continua evoluzione sul valore di mercato dei singoli, eppure la sfida mondiale fra Juve e Real Madrid – quella con Yildiz da una parte e Huijsen dall’altra: 160 milioni in due? – sarà costretto a vederla anche lui dalla tv. È solo un esempio questo, un confronto, una riflessione che all’ultima domenica della vecchia stagione è giusto fare in vista dell’anno calcistico che sta per cominciare: la giostra ripartirà presto e qualcuno resterà a terra in attesa del giro seguente, qualche altro arriverà con grande entusiasmo e verrà scaricato ai primi passi falsi. È il calcio, funziona così.






